La lettera CXVII
Polemiche e Risposte alle polemiche, quali obiezioni proposte dal Descartes e dai suoi autorevoli
ed abili confutatori intorno alle questioni agitate dalla Metafisica teologico-critica nel secolo
XVII.
di Gaetano Origo
Introduzione
A coloro che vogliono inoltrarsi nella lettura e nella comprensione delle lettere inviate per sì lungo
tempo dal Descartes al fedelissimo amico e corrispondente Marin Mersenne, quella che ora
proponiamo è sicuramente la più efficace in quanto contiene la esposizione del modo di costituirsi
della divinità relativamente al suo essere dispiegato nel mondo con tutte le perfezioni contemplate ed
adeguatamente esposte per essere comprese da individui ragionevoli dotati di consapevolezza. Non
vi si trattano, pertanto, di questioni morali che si riferiscono al compimento del bene o del male,
poiché, com’è noto, al Descartes non sovviene tale impegno peculiare in quanto ritiene che della
moralità non bisogna assolutamente fare cenno, visto e considerato che essa, come chiara esperienza
narrata da ciascun membro della comunità civile organizzata, si costituisce sul fondamento
dell’autonomia e della libertà esercitata a tutto campo dai singoli individui ragionevoli dotati
pienamente di senso comune, che escludono, perciò, e per tali rispetti, la rigorosità dell’agire di tutti
costoro, comunitariamente radunati in nome di un imperativo morale categorico che li impegna ad
assumere la stretta osservanza rigorosa esercitata dal solo buon senso normativo.
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Esame della Lettera
La lettera CXVII, inviata da Leida il 18 Marzo 1641 dal Descartes a Mersenne, contiene la proposta di correggere alcuni errori commessi dal Nostro nella lunga esposizione di contenuti rilevanti che si riferiscono alla esaminata concezione di Dio e del relativo riconoscimento positivo emergente dalla sua capacità di essere utilmente collocato nel mondo da lui creato. Ciò in virtù della edificata Metafisica che allo stato presente della narrazione dei fatti risulta incompleta per il subentrare di nuovi spiragli polemici, in quanto obiezioni costantemente promosse non solo dal Descartes, ma anche da parte di taluni dotti, tra i quali si annovera il giansenista Arnauld dotato di fine versatilità narrativa e di lucide sottigliezze speculative, il quale intende audacemente polemizzare con lui a proposito della costruenda concezione della positività divina riguardata espressamente dal punto di vista del suo agire efficace e completo. Le presenti obiezioni, pertanto, arricchite dalle relative risposte conferite dal Descartes a quelli che le hanno proposte, individuano il quadro complessivo dei problemi da esaminare a tutto campo, nessuno dei quali deve essere trascurato, vista e considerata l’abile tessitura con cui essi sono stati e sono al contempo presentati al pubblico degli uditori e degli studiosi, per andare a formare, secondo le veraci intenzioni acclarate da lui medesimo, l’intera costituzione essenziale dell’opera che è stata, nel frattempo, liberata dai refusi e dotata completamente di utili competenze necessarie per promuovere e per realizzare l’unità sistematica dallo stesso non solo vagheggiata, ma anche profondamente attuata.