-
Rompicapo probabilistico: verso una soluzione della congettura di Goldbach?
di Rosario D’Amico
Abstract
Questo lavoro mira a fornire una serie di considerazioni che ci consentano di scorgere una possibile soluzione alla problematica questione della congettura “forte” di Goldbach, ossia che ogni numero naturale pari maggiore di 2 può essere scritto come somma di due numeri primi non per forza distinti. Ciò adottando un metodo probabilistico assolutamente elementare rispetto ai tentativi classici di dimostrazione.
Introduzione
La congettura di Goldbach è uno dei più vecchi e irrisolti problemi di quella branca della matematica che studia le caratteristiche dei numeri interi. Essa, nella sua formulazione qui trattata e detta forte, afferma che ogni numero naturale pari maggiore di 2 è esprimibile come somma di due numeri primi non necessariamente distinti, ed è pertanto un’ipotesi sulle proprietà dei numeri primi e in particolare sulla loro distribuzione tra i numeri interi positivi.
Ma cosa deve intendersi esattamente per numero primo? Vi sono sostanzialmente due definizioni di numero primo: una annovera 1 tra i numeri primi, l’altra – ed è quella più largamente accettata dai matematici – lo esclude solo per mere ragioni di convenienza e opportunità.
Alla luce di ciò, il numero 1 è un numero primo? Siamo nel dubbio riguardo a questa questione. Sfruttare tale situazione di ambiguità come possibile leva per tentare di verificare la veridicità della congettura forte di Goldbach è l’obiettivo di questo lavoro.
Esso verrà raggiunto nel secondo dei due paragrafi che compongono questo scritto. Nel primo proporremo in via preliminare alcune definizioni e alcuni lemmi utili allo scopo di fissare le condizioni base del ragionamento che verrà sviluppato nel seguito. Nel secondo e ultimo paragrafo presenteremo un particolare esperimento casuale costruito in maniera tale da permetterci di ricondurre il problema della prova della congettura forte di Goldbach nell’ambito della teoria delle probabilità e, quindi, di cercarne una soluzione per l’esclusivo tramite di metodi probabilistici. -
La mente umana di fronte all’idea di Dio
Lettera di Cartesio a Mersenne, luglio 1641
di Gaetano Origo
Premessa
Uno studio accorto e scorrevole nei suoi intendimenti deve costituire il proposito di ogni libero ricercatore che voglia iniziare la propria indagine con l’intuizione o con una serie di intuizioni che sono, in verità, patrimonio comune dell’intelligenza riflessiva che persegue direttamente, e con piena responsabilità di intenti, la via rigorosa della deduzione dei termini contenuti nelle molteplici proposizioni date, così come sono state tratteggiate ed esposte dal Descartes nelle Regole per la guida dell’intelligenza.
La via da essa scossa è, pertanto, in piena sintonia con l’apertura degli orizzonti promossa dagli autori e dagli interpreti di un determinato contesto culturale del quale costoro vogliono dare sicura prova di se stessi attraverso il portentoso indirizzo delle obiezioni che richiamano altri ricercatori ad un confronto aperto e selettivo con gli argomenti da essi proposti ed introdotti nel sapere degli altri individui ragionevoli che sono, tuttavia, e sempre più, cose pensanti e dubitanti. Il richiamo non spregiudicato al verbo tueri, o, comunque sia, all’intueri ed alle altre sue evolute forme derivate, sta a testimoniare semplicemente l’incontro dell’intelligenza narrativa e riflessiva con i relativi significati che essa mostra in riferimento costante a ciò che si prefigge di indagare al fine di indurre i medesimi autori ed interpreti ad un confronto aperto e solerte con le opere del passato perché siano ricondotte alla luce del vero sapere. All’intueri, in ogni caso, non si conforma soltanto il significato di intuire, ma anche quello di intuire ragguardevolmente, come esige la visione di ciascun autore-narratore in quanto pure interprete di se stesso, che guarda prima nel proprio sé, per mirare, poi, a ciò che accade fuori di sé, attraverso una portentosa esercitazione della riflessione propria che l’intelligenza sostiene non solo autonomamente, ma anche con il contesto comunitario formato da altrettante ed idonee intelligenze che osservano puntigliosamente ciò che inerisce essenzialmente alla ricerca attenta da tutti riconosciuta come motore attraente e perseverante di intenti e di contributi operativi esatti da ciascuna di essi.
Ogni ricercatore non è, così spaventato dall’andare oltre sé stesso, ma si inoltra sempre più convintamente nello spazio aperto ed ignoto della divinità che vuole conoscere ad ogni costo, non prima di averla intesa con la propria intuizione riflessiva intelligente, la quale gli appare come un’idea che esige, in ogni caso, di essere compresa ed intesa ulteriormente, per vedere se sia possibile dimostrarla con prove sufficienti ed adeguate. Ciò deve avvenire per ciascun operatore culturale in regime di piena e consolidata libertà di ricerca, che gli è congeniale, per non essere mosso assolutamente dall’alto attraverso la fede nella verità, storicamente individuata come esperienza intuitiva di ogni dato immediato riconosciuto come tale, decisamente ostile alla sapienza operativa dell’intelletto che la deve invece, con tutte le proprie forze operative, ricostituire come elemento del proprio dubbio e di tutti quelli che sono depositari della verità autentica individuata come tale. L’intueri, come ulteriore guardatura, o come piena direzione dello sguardo convincente dei ricercatori, si confa, dunque, non solo al Descartes, ma anche a tutti gli epistemologi della scienza e non, in quanto sicuri interpreti, più che autori, della ricerca del criterio del vero, e mai del verosimile, che va nella medesima direzione del destino aperto da individui ragionevoli che, con lo sguardo riflessivo, sono condotti sempre oltre ciò che li trascende.
La fede nella verità della ragione, patrocinata, se pure in parte da Agostino, serve, in ogni caso, alla scienza che si avvale di comprovate esperienze curriculari che vengono fondate dai loro principi che sono per nulla inconfutabili, poiché il dinamismo interno di ciascun ricercatore si sviluppa in ragione dell’aguzzare il profilo del proprio ingegno anche attraverso il confronto che interviene tra i singoli autori ed interpreti, soprattutto quando questi ultimi vogliono trascendere le prospettive designate e realizzate dai loro autori, come dai loro coevi e non che si muovono, altresì, circostanziatamente e compuntamente per realizzare i singoli progetti che investigativamente provengono unicamente dalla propria ragione deliberante.
La scienza autentica nasce e si sviluppa, così, ragguardevolmente dal confronto tra le potenze intuitive ed esplicative dell’intelletto dei diversi operatori culturali, in conformità alla sensibilità da essi colta nell’esercizio del verbo intueri, che non è più la semplice immagine del mondo da questi prodotta arbitrariamente, ma la visione prospettica di autori e di interpreti che vanno sempre oltre la direzione dei singoli sguardi emergenti dalle adeguate intelligenze intuitive dagli stessi possedute.
Questi, infatti, si inoltrano, dopo un faticoso ed operativo lavoro di ricerca, nei meandri segreti della natura, stimata come tesoro nascosto di enigmi mai penetrati in quanto ritenuti esplicitamente misteri, come quelli eleusini di hegeliana memoria, nei quali la penetrazione in essi è stimata inferiore alle sue reali possibilità tanto che ha da dovere assumere, pertanto, un altro e considerevole ruolo, in vista di obiettivi più sicuri ed autentici, in nome e per conto della sana ragione investigativa che con l’ausilio fondante dell’intelletto, si avvale delle molteplici circostanze da esso puntualmente narrate per trascendere ogni elemento che si presenta assolutamente come dato incomprensibile, il quale, proprio perché è tale, va assolutamente e con la medesima misura dell’esperienza, conosciuto e mutato in autentico posto dato idoneo.
-
La lettera CXVII
Polemiche e Risposte alle polemiche, quali obiezioni proposte dal Descartes e dai suoi autorevoli
ed abili confutatori intorno alle questioni agitate dalla Metafisica teologico-critica nel secolo
XVII.di Gaetano Origo
Introduzione
A coloro che vogliono inoltrarsi nella lettura e nella comprensione delle lettere inviate per sì lungo
tempo dal Descartes al fedelissimo amico e corrispondente Marin Mersenne, quella che ora
proponiamo è sicuramente la più efficace in quanto contiene la esposizione del modo di costituirsi
della divinità relativamente al suo essere dispiegato nel mondo con tutte le perfezioni contemplate ed
adeguatamente esposte per essere comprese da individui ragionevoli dotati di consapevolezza. Non
vi si trattano, pertanto, di questioni morali che si riferiscono al compimento del bene o del male,
poiché, com’è noto, al Descartes non sovviene tale impegno peculiare in quanto ritiene che della
moralità non bisogna assolutamente fare cenno, visto e considerato che essa, come chiara esperienza
narrata da ciascun membro della comunità civile organizzata, si costituisce sul fondamento
dell’autonomia e della libertà esercitata a tutto campo dai singoli individui ragionevoli dotati
pienamente di senso comune, che escludono, perciò, e per tali rispetti, la rigorosità dell’agire di tutti
costoro, comunitariamente radunati in nome di un imperativo morale categorico che li impegna ad
assumere la stretta osservanza rigorosa esercitata dal solo buon senso normativo.Scarica l’Introduzione in formato PDF
Esame della Lettera
La lettera CXVII, inviata da Leida il 18 Marzo 1641 dal Descartes a Mersenne, contiene la proposta di correggere alcuni errori commessi dal Nostro nella lunga esposizione di contenuti rilevanti che si riferiscono alla esaminata concezione di Dio e del relativo riconoscimento positivo emergente dalla sua capacità di essere utilmente collocato nel mondo da lui creato. Ciò in virtù della edificata Metafisica che allo stato presente della narrazione dei fatti risulta incompleta per il subentrare di nuovi spiragli polemici, in quanto obiezioni costantemente promosse non solo dal Descartes, ma anche da parte di taluni dotti, tra i quali si annovera il giansenista Arnauld dotato di fine versatilità narrativa e di lucide sottigliezze speculative, il quale intende audacemente polemizzare con lui a proposito della costruenda concezione della positività divina riguardata espressamente dal punto di vista del suo agire efficace e completo. Le presenti obiezioni, pertanto, arricchite dalle relative risposte conferite dal Descartes a quelli che le hanno proposte, individuano il quadro complessivo dei problemi da esaminare a tutto campo, nessuno dei quali deve essere trascurato, vista e considerata l’abile tessitura con cui essi sono stati e sono al contempo presentati al pubblico degli uditori e degli studiosi, per andare a formare, secondo le veraci intenzioni acclarate da lui medesimo, l’intera costituzione essenziale dell’opera che è stata, nel frattempo, liberata dai refusi e dotata completamente di utili competenze necessarie per promuovere e per realizzare l’unità sistematica dallo stesso non solo vagheggiata, ma anche profondamente attuata.
-
Cartesio e Galilei interpreti del tempo storico del filosofare scientifico del secolo XVII
Le lettere 42-48 di Cartesio a Mersenne
di Gaetano Origo
Singolare e peculiare interesse hanno suscitato negli studiosi e nei competenti ricercatori le lettere indirizzate dal Descartes al suo ordinario corrispondente ed amico, il Padre Mersenne (XLII-XLVIII), aventi per oggetto precipuo la notizia proveniente da Roma circa la scomunica lanciata dal Papa Urbano VIII nei confronti del filosofo-scienziato Galilei, a seguito della condanna pronunciata dal Tribunale del Sant’Uffizio, per avere costui divulgato con discorsi ed opere scritte dottrine completamente difformi dagli insegnamenti dei sacri canoni impartiti dai competenti Teologi. Ciò che ci proponiamo di considerare e di valutare polemicamente e costruttivamente sono gli insediamenti critici che esprimono l’intensità espositiva del Descartes, che si avvia ad intraprendere il nuovo percorso filosofico volto ad approfondire con legittima imparzialità le motivazioni contenute nella dottrina galileiana relativamente alla costituzione dei mondi planetari che si muovono, dirigendosi, in virtù delle proprie orbite descritte circolarmente, intorno all’unico centro costituito, che è il Sole. La pietra miliare dello scandalo – se così si può dire – riguarda esplicitamente la pubblicazione da parte di Galilei del Dialogo sopra i due Massimi Sistemi del Mondo Tolemaico e Copernicano nel quale egli usa, secondo gli arguti Teologi, argomenti impropri, il cui risultato finale è quello di evidenziare la perfetta identità di vedute sincronica espressa tra ciò che può fare Dio con la propria intuizione dell’intelletto infinitamente-infinito e ciò che può fare l’uomo ugualmente con il proprio intelletto intuitivo – infinitamente-finito, inteso come realizzazione compiuta sotto il profilo della considerazione delle quantità progressive, il cui grado ultimo richiede, secondo il filosofo-matematico pisano, propriamente l’uso del medesimo intelletto-intuitivo infinito, che è, però, per tali rispetti, esclusivamente dell’Ente Supremo.
-
Marin Mersenne interprete della scienza moderna e della Teologia del XVII secolo
di Gaetano Origo
La recente veste editoriale assunta dalla pubblicazione del libro curato da Leonardo Messinese su Marin Mersenne ed Emmanuel Maignan, ambedue appartenenti all’Ordine dei Minimi, per la Cantagalli di Siena, insieme alle note polemiche redatte con altri autori, come Luca Parisoli e Claudio Buccolini, intervenuti nel dibattito filosofico-teologico sul secolo XVII, qualificato come Barocco, rivela il proposito degli stessi di dirigersi ad esaminare le prospettive culturali di Mersenne, attraverso le quali emerge, come elemento di confronto, la figura portentosa di un altro intellettuale, come il Descartes, suo amico e corrispondente epistolare per oltre un ventennio.
-
La lettera 86 di Cartesio a Marin Mersenne
La ricerca della verità come opera dell’intelletto regolativo in René Descartes
di Gaetano Origo
L’intelletto, come peculiare fondamento e svolgimento delle regole, è necessario per determinare il concetto della verità che deve essere ricercata per sollecitare tutti gli autori e gli interpreti affinché si rendano disponibili al confronto operativo che passa attraverso la manifestazione delle singole opinioni che possono, col trascorrere del tempo, divenire autenticamente verità, né assolute, né definitive.
-
Napoli, nuova possibile munizione nella battaglia anticovid:
Gli anticorpi della Solidarietà!
Lo scienziato Antonio Giordano incontra la biologa Mara Romano e padre Mario Savarese
di Raffaele Fattopace
NAPOLI – Nella battaglia dei vaccini sul fronte Anti-Covid, l’impatto sociale e il dialogo tra Scienziati, Ricercatori e Teologi, il Prof. Antonio Giordano, uno tra i più autorevoli e famosi Scienziati nel mondo, direttore dello Sbarro “Institute for Cancer Research and Molecular Medicine della Temple University di Philadelphia”, nominato come esperto, dal ministro Sergio Costa e dal vice ministro Pier Paolo Sileri, in seno all’Istituto Superiore di Sanità.
Nella sua visita, napoletana, lo scienziato si è soffermato presso la splendida Sagrestia Papale della Basilica di “San Francesco di Paola” in piazza del Plebiscito, sede tra l’altro, dell’Associazione del terzo settore “Marin Mersenne”.
Lo scienziato, in un dialogo con la Presidente, Dott.ssa Mara Rosaria Romano, Docente di Bioetica Medica e Diritti umani, all’I.S.S.R. Interdiocesano di Capua, espressione della Pontificia Facoltà dell’Italia Meridionale e con Padre Mario Savarese dell’Ordine dei Frati Minimi, Rettore della Basilica Reale, ha affermato: «Il Vaccino è una nuova munizione nella battaglia Anti-Covid, e noi abbiamo tutti il dovere di frenare ed arginare l’avanzata contagiosa di questo virus, che ci sta affliggendo da quasi un anno».
Da uomo di Scienza rilancia, il ridondante monito di Papa Francesco: «assicurare l’accesso alle cure, soprattutto alle persone più svantaggiate che necessitano di cure maggiori ed adeguate». La Bioeticista Dott.ssa Romano, inoltre aggiunge:
«Nel bel mezzo della nostra euforia tecnologica e manageriale, ci siamo trovati socialmente e tecnicamente impreparati al diffondersi del contagio abbiamo fatto fatica a riconoscerne e ad ammetterne l’impatto. Ed ora, siamo in affanno anche soltanto ad arginarne la diffusione». Un quarto del mondo potrebbe non avere accesso al vaccino contro il coronavirus fino al 2022.
In un recente annuncio la CNN ha rivelato che da un rapporto della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health, secondo cui poco più della metà (il 51%) delle dosi pianificate per la somministrazione, quasi 7,5 miliardi, per 3,7 miliardi di persone, andranno ai Paesi ad alto reddito, che rappresentano il 14% della popolazione mondiale. Il Padre Rettore, Mario Savarese, ha ribadito: «Il grido incessante, del nostro Santo Padre Francesco, che si legge anche nel Messaggio per la 54^ Giornata Mondiale della Pace che si celebrerà il Primo gennaio 2021 èun accesso ai vaccini e alle cure contro il Covid anche per i più fragili. Globalizzare la cura dando possibilità a chiunque di accedere al vaccino Anti-Covid-19 che potrà salvare tante vite».
Il Santo Padre, infatti, afferma la Prof.ssa Romano, invita i responsabili delle Organizzazioni internazionali e dei Governi, del mondo economico e di quello scientifico, a «prendere in mano una bussola per imprimere una rotta comune al processo di globalizzazione, una rotta veramente umana. Essere testimoni della cultura della cura, per colmare tante disuguaglianze sociali. Certo la pandemia mette in luce con inattesa durezza la precarietà che radicalmente segna la nostra condizione umana.
Tocchiamo con mano quanto strettamente siamo tutti connessi, anzi, nella nostra esposizione alla vulnerabilità siamo più interdipendenti che non nei nostri apparati di efficienza! Forse abbiamo eroso spensieratamente questo patrimonio!
C’è da dire che, gli incredibili progressi della scienza e della tecnica dovranno sempre entusiasmarci, ma al tempo stesso anche farci convivere umilmente con i propri limiti. Quindi si potrebbe aggiungere che: Un’emergenza come quella del Covid-19 si sconfigge anzitutto con gli anticorpi della solidarietà!».
-
La lettera 127 di Cartesio a Marin Mersenne
L’intendere ed il comprendere come estensione dell’intendimento e della comprensione del contesto operativo umano e divino.
di Gaetano Origo
Attraverso l’esame della Lettera 127 di Cartesio a padre Marin Mersenne, si ricava che il concepire e l’intendere, come l’intendere e il dimostrare, non sono due modi astratti di essere, ma due modi di pensare, che contribuiscono a realizzare il proprio essere, tanto che il concepire è ridotto all’intendere, e questo all’atto della comprensione di ciò che accade nel mondo e che si manifesta come primato del pensiero che deve sforzarsi per ricercare sempre e compiutamente il proprio essere.
-
La Lettera 22 di Cartesio a padre Mersenne
La comprensione della Metafisica dello spirito come comprensione dello spirito della Metafisica in Renè Descartes.
di Gaetano Origo
Penso, dunque sono, ma si può dire anche: Sono, dunque, penso.
Sulla base della Lettera 22 di Cartesio a padre Mersenne, questi sono i due capisaldi della nuova Metafisica critica e sillogistica che fa del pensare il proprio essere, come questo il pensare, come due termini indissolubili reciproci che, a partire dalla certezza di se, individuano le note costanti del progresso umano che sfida le vie impervie dell’infinito e dell’eterno.
-
“TI RENDO GRAZIE, SIGNORE, CON TUTTO IL CUORE”
Santa Messa di ringraziamento al Signore presieduta dal Cardinale Crescenzio Sepe
Mercoledì 1 luglio alle ore 19, davanti alla Basilica di San Francesco di Paola in Piazza Plebiscito a Napoli
di Pasquale Giustiniani
La piazza Plebiscito – in basilica vi è la sede dell’Associazione Marin Mersenne – è stata scelta dal cardinale arcivescovo di Napoli, sua Eccellenza mons. Crescenzio Sepe, quale luogo emblematico per un ringraziamento pubblico a quelli che abbiamo denominato gli “eroi” dell’epoca della pandemia, ma soprattutto per ringraziare Dio il quale tutto governa, anche nei momenti terribili. Accogliendo la proposta della curia, il rettore della basilica, padre Mario Savarese, dell’Ordine dei Minimi fondato dal Santo di Paola, riceverà il cardinale, che presiederà l’Eucaristia (alla lettera, eucaristia significa appunto rendimento di grazie), per ricordare che dalle situazioni tragiche si può uscire se Dio, nella sua Provvidenza, lo vuole e se gli uomini, aderendo alla chiamata di Dio, si adoperano per il bene comune. La crisi da covid-19 ha falcidiato tante vite umane, tane ne ha debilitate con la malattia e i suoi effetti, che verificheremo sui tempi lunghi. Quasi cinquemila i contagiati soltanto in Campania e, tra i 34657 deceduti alla data del 22 giugno, ben 431 sono stati i morti. Un prezzo altissimo pagato dalla nostra regione, che comunque ha dato prova di grande preparazione (particolarmente tra i medici, gli operatori sanitari ai vari livelli, ma anche tra sacerdoti e gli operatori pastorali), di abnegazione verso i più deboli e disagiati e, soprattutto, di generosità e fratellanza. Si ricorderanno a lungo i gesti creativi, le azioni di prossimità verso i più deboli e coloro che sono gli ultimi tra gli ultimi, le mense di solidarietà. Nella stagione della lenta, seppur cauta, ripresa la Chiesa chiama all’appello esperti di finanza, economia e lavoro, per gestire gli esiti nefasti della pandemia, sul piano dell’impresa, del lavoro, del sostegno alle piccole e grandi imprese. Non bisogna lasciare alcuno spazio alla piovra della corruzione e della camorra, che certamente è vigile per occupare spazi che la solidarietà non riuscisse a occupare. «Mentre ringraziamo Dio e coloro che si sono adoperati per il bene comune», ha dichiarato la prof.ssa Mara Romano, presidente della Associazione Marin Mersenne, «non possiamo, come Associazione del terzo Settore, che farci ideatori di nuove azioni di prossimità alla gente». E p. Mario Savarese, rettore della basilica di piazza Plebiscito, aggiunge, riprendendo una frase di papa Francesco: «il santo di Paola non ebbe alcuna remora o soggezione a invitare i sovrani e i nobili dell’epoca al buon governo, perché i poveri fossero tutelati e difesi dalle angherie e soprusi. Lo stesso re di Napoli, Ferrante d’Aragona, fu da lui aspramente rimproverato per il malgoverno, esortandolo a desistere dalle guerre e promuovere la pace. Il sovrano tentò di corromperlo offrendogli una cospicua somma di denaro. Egli opponendosi con risoluta fermezza spezzò una di quelle monete d’argento, dalla quale, improvvisamente sgorgarono gocce di sangue». L’appuntamento, con le consuete regole di cautela per i luoghi di culto, è il per il giorno 1 luglio 2020, alle ore 19.00.